La storia del cremonese Mario Cottarelli è ahimè emblematica nel delineare vizi e virtù dell'Italietta musicale. Nato nel '56, negli anni settanta attese di raggiungere una decente maturità tecnico-esecutiva prima di proporsi alle case discografiche; l'accordo con la Divergo non si tradusse mai nel pattuito LP a causa della chiusura della suddetta label. Cottarelli s'è da allora dedicato a musica commerciale e dance, collaborando tra gli altri anche con Claudio Simonetti e Spagna.
Ma, a quanto pare, l'antico amore per il rock progressivo non era affatto defunto, e così, all'età di 50 anni, il nostro ha deciso di rielaborare certe sue antiche composizioni, e di ricominciare la trafila ai fini di una pubblicazione ufficiale. Stavolta le cose sono andate meglio: la prestigiosa New LM si è subito mostrata interessata, e così abbiamo fra le mani l' ambizioso "Prodigiosa macchina".
Cottarelli ha fatto tutto da solo con tastiere e computer, mettendo a frutto i tanti anni di esperienza nel campo della musica professionale. Ciò non significa tuttavia alcuna concessione a gaudenti facilonerie per un pubblico di bocca buona: no, questo CD è assolutamente privo di avvilenti scivoloni nel banale. La title-track supera i 20 minuti e presenta soluzioni armoniche assai ingegnose, con un susseguirsi continuo di temi ben sviluppati e che periodicamente si ripresentano; ottime tutte le partiture, equilibrato il mélange fra timbriche vintage (vedi l'Hammond) e più moderne. Siamo nell'ambito di un prog sinfonico in cui senti talora echeggiare la sempiterna scuola genesisiana, miscelata però a frammenti quasi ambient, così come hanno talora fatto Shadowfax e Changing Images. La pimpante voglia di Cottarelli di estrinsecare trent'anni di idee fa sì che non ci si annoi un attimo, fra porzioni acustiche e frammenti in cui il muro di suono si erge poderoso, ai limiti dell'hard. I testi, colti e nel contempo ironici, sono interpretati dallo stesso Cottarelli, il quale è depositario di una voce particolare, forse non virtuosistica ma comunque intonata, sicuramente intrigante: un po' come Enrico Ruggeri. L'impianto de "Il pensiero dominante" è nel complesso analogo, e si apprezzano certe originali dissonanze quasi jazz, mentre alcuni passaggi lirico-elegiaci si collocano nella più nobile tradizione italica di Banco e Locanda delle Fate. Forse l'unico appunto del pezzo (e del lavoro in generale) è la ritmica un po' schematica, ma ciò non inficia più di tanto il giudizio globale. Degno tripudio conclusivo del disco è lo strumentale "I cori della Via Lattea", con solenni ed inquietanti reiterazioni organistiche
à la Goblin che poi approdano a una liturgia quasi bachiana, con tanto di bordone. Nei ghirigori barocchi le Orme di "Collage" sono dietro l'angolo, è vero, tuttavia la citazione è fatta con grande gusto.
"Prodigiosa macchina" è certamente il concept che Cottarelli aveva in animo di fare, in primis per se stesso: un'opera sontuosa che, al di là delle ristrettezze di budget, fosse anche incisa adeguatamente. Comunque il disco piace anche a noi: onore al merito.
Contatti:
www.myspace.com/335617839.

Francesco Fabbri - giugno 2009

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